La giovane ragazza transgender vittima di un’aggressione transfobica due settimane orsono e di reiterati episodi di molestie e insulti ha scritto al sindaco di Ciriè Loredana Devietti, per ringraziarla per la testimonianza di solidarietà apparsa all’indomani del grave episodio sulle sue pagine social, nonchè pubblicata da questa testata, ma non solo. Nella lettera la ragazza avanza però anche alcune riflessioni dialettiche sugli assunti del sindaco secondo cui Ciriè rimane una «città inclusiva». Naturalmente il primo cittadino le ha risposto, virando il focus più sul disagio della società in generale, del quale peraltro conferma la percezione; ne è venuta fuori una interlocuzione pacata e costruttiva al netto di idee e sensibilità diverse e della polemica. Civile: nulla a che vedere con molti degli indecorosi commenti apparsi sulle pagine social in questi giorni riguardo le istanze che la cronaca propone sull’attualissimo dibattito in ordine ai diritti civili e ai dibattiti che innesca. Condividiamo, con l’assenso di entrambe, questo importante carteggio volto al dialogo e alla comprensione dei problemi, “conditio sine qua non” per individuare soluzioni giuste e condivise.
«Buongiorno sindaca Devietti, sono la vittima dell’aggressione transfobica, avvenuta due settimane fa.
Ho letto il suo messaggio di vicinanza e volevo ringraziarla, ma anche un po’ correggerla. Lei dice che “Ciriè è una città inclusiva”, e io mi chiedo: per chi? Per lei? Per i suoi amici? Per me e per le persone come me non lo è mai stata. E il problema non è un ubriaco ex galeotto con problemi psichiatrici (che oggettivamente può aggredire chiunque), ma il gruppo di ragazzini (minorenni e appena maggiorenni), che l’ha fomentato, e mi ha insultata e accerchiata. Quindici ragazzini, o su di lì, magari non solo figli di delinquenti, ma anche della “Ciriè bene”. Non le sembra problematico? Come stiamo crescendo le nuove generazioni? Ragazzini pieni di odio per la diversità, pronti ad aggredirmi solo perché esisto.
Il problema è sociale e politico, e va affrontato in quanto tale, e dimostra quanto Ciriè abbia bisogno del Pride e di Provincialotta.
Mi chiedo dove fosse lei al pride di quest’anno. Mi chiedo anche perché al pride precedente negasse il patrocinio, solo perché sulla grafica compariva un corpo trans, considerato “indecoroso”. Era anche scandalizzata per il nome “Frociriè”. Io invece trovo indecorosa la città “catto-bigotta” in cui vivo, e rimango scandalizzata da ciò che mi capita. “Ciriè è inclusiva” dice, però prima di Provincialotta non si pronunciavano neanche per sbaglio le parole “trans”, “queer”, “gay”. Avevamo il 100% degli obiettori di coscienza in ospedale, non potendo neanche interrompere volontariamente una gravidanza indesiderata.
Le chiedo quindi di riconoscere il valore sociale e politico di provincialotta, e la invito il prossimo pride ad essere dei nostri.
Non basta scrivere un messaggio su Facebook criticando l’aggressione, bisogna fare azioni politiche, e compiere scelte coraggiose.
Cordialmente»
La risposta del sindaco
«La ringrazio per la sua e-mail che però, devo dire, mi ha sorpresa. Sono contenta che abbia apprezzato il mio commento, ripreso come spesso avviene dai giornali, e a mia volta Le rinnovo il mio apprezzamento per il suo coraggio nel denunciare questo vile e increscioso episodio.
Vorrei tuttavia condividere con Lei alcune riflessioni. Come dice Lei stessa, “il problema è sociale” e va ben al di là della nostra Cirié. L’odio è purtroppo sempre più presente nella nostra società, in qualsiasi città, complici i social media, qualunquismo, ignoranza e cattiva educazione, e ne sono vittima categorie diverse di persone, anche ma non solo la comunità lgbtq+. E su questo Cirié ha fatto e sta facendo tanto, sul bullismo, l’accoglienza al diverso, l’educazione al rispetto senza se e senza ma. È una città che si sta evolvendo e su diversi temi sta esprimendo nuove sensibilità.
Respingo decisamente la narrazione che mira a fare di tutta l’erba un fascio: il rispetto e l’educazione appartengono ai singoli e non a un gruppo sociale o a una comunità. Per questo c’è bisogno anche del Pride, così come di tante altre realtà e associazioni che si occupano dell’altro, in qualsiasi modo. Così come c’è bisogno delle istituzioni, di quel Comune che il patrocinio lo concede, anche – e la nostra Amministrazione lo ha sempre dichiarato – quando non condivide del tutto la forma delle manifestazioni, di quella Tenenza alla quale si è rivolta trovando accoglienza, di quel Sindaco – me lo permetta – che non si è girata dall’altra parte e che mai lo farà quando si tratta di diritti da difendere e di persone da tutelare: non sono mai stata tra le fila di chi i diritti li nega, mai stata tra coloro che impediscono ad una persona di seguire la propria indole, mai mi troverà tra coloro che giudicano una persona per come veste o chi ama.
Capisco la Sua rabbia, sua e della comunità che con questa email ha voluto rappresentare, ma mi creda… spesso è un sentimento che porta a sbagliare mira. Sono invece convinta che la battaglia contro i pregiudizi si combatta tutti insieme: c’è ancora molta strada da fare, a tutti i livelli, ma per fortuna nella nostra città la stragrande maggioranza dei cittadini, anche giovani, non è rappresentata dal comportamento di pochi.
RingraziandoLa, colgo l’occasione per inviarLe i miei più cordiali saluti.
Il Sindaco Loredana Devietti Goggia»