Solo dopo tre giorni dal putiferio scatenato dal suo video mentre palleggiava con un povero riccio e solo dopo essere stato identificato, si era difeso dicendo che l’animale era già morto e che si trattava di uno scherzo del “branco” rivolto ad uno dei compagni che chiamano Riccio. Eppure – a una settimana dal fatto – non è ancora finita, e questa volta a causa di un gruppo di sedicenti “animalisti” (su Facebook 100% animalisti), che – riuscendo quasi a far peggio del ragazzino – la notte scorsa ha affisso uno striscione di minacce al minore sui muri del centro sportivo che questi frequenta a Rivarolo: che dire, complimenti.
Va detto che il clima assurdo di minacce, alimentato dai quello dei social, aveva caratterizzato la vicenda dal suo esordio: lo stessa persona che aveva scovato il filmato e ripostato per stigmatizzare il fatto si era rivolto a questa redazione per chiedere di rimuoverne le generalità, lamentando di aver immediatamente ricevuto ingiurie e minacce: “tolga il mio nome, mi hanno appena detto che mi bruciano la macchina, andrò dai carabinieri”, ci disse.
Questa stessa redazione, sull’ampio servizio della edizione cartacea del giovedì, ha ricacciato con forza l’immagine dei “mostri” che il web – colpevolmente, i social non devono essere tribunali e men che meno piattaforme di lancio di ogni tipo di insulto e di istigazione all’odio – aveva tributato al ragazzo e con un troppo facile sillogismo alla famiglia, un concetto al quale si è subito allineata, nonostante la sua denuncia ai carabinieri, la stessa Lida, stigmatizzando il clima d’odio e di stupidità in arrivo anche da una parte del cosiddetto fronte animalista: “Lottare contro ogni tipo di violenza verso animali e in generale i più deboli, ma sempre nella legalità e nella civiltà”.
E’ eufemistico affermare che le minacce al ragazzino non vi rientrano e poco importa se il popolo del web comunque ancora ieri non credeva alla versione «tardiva» e alleggerente del 15enne. Che da par suo certamente non è riuscito ad essere convincente e a contribuire a stemperare la vicenda, persino tornando a postare sul web a pochi giorni dal “48” fatto scoppiare proprio dal suo famigerato video: un breve cenno di scuse ma anche l’accusa ad un noto quotidiano di aver fotoshoppato la sua immagine per far apparire l’animale vivo (una schiocchezza sesquipedale quanto meno). Nel filmato, senza alcuna empatia, l’aspirante calciatore fa scempio tra risate e sghignazzi degli amici videomaker, ammesso e non concesso che il riccio fosse davvero morto, di quel povero corpicino inerme.
Rimane la suggestione di come potesse essere certo della morte dell’animale, dal momento che è noto che i ricci quando aggrediti si paralizzano, confidando solo negli aculei ma rimanendo immobili, inermi e vulnerabili. Rimangono infine i dubbi – rimarcati anche da diverse analisi delle immagini del video ora sottoposto a degli esperti del centro recupero ricci – nei quali si vedrebbero zampette e testolina muoversi.
Comunque siano andate veramente le cose – la Lida voleva far eseguire l’autopsia, ma le condizioni in cui è stato trovato non l’hanno consentito – la vicenda lascia una grande amarezza per la gratuità e dabbenaggine di tutto lo scenario che ha contornato il fatto e con essa alcune riflessioni: il caso, al netto della sua grande diffusione mediatica, rimanda a considerazioni oggi più che mai improcrastinabili su un certo tipo di disagio giovanile che va al di là di aspetti quali il censo o la scolarizzazione e la stessa educazione familiare, perché investe il sistema dei valori nel suo complesso, su tutti quelli della vita e della morte.
L’altra riflessione riguarda la responsabilità di tutti, a partire da quella dei giornalisti, che devono garantire, oltre all’informazione, la deontologia necessaria alla delicatezza dei casi che investono i minori; ma anche quella dei lettori delle edizioni online che – fatti salvi stupore, indignazione, stigmatizzazione – dovrebbero partecipare al dibattito in maniera civile e costruttiva.
Non si può essere “animalisti” e augurare cose terribili a quello che rimane un ragazzino con tutte le possibi- lità riabilitative ed educative del caso, come e se la magistratura, naturalmente deciderà. L’informazione non vuole essere, anche suo malgrado e anche quando fa centinaia di migliaia di click, una gogna pubblica. E anche per questo ci vuole la consapevolezza e la responsabilità di tutti
A raccontarla, la stessa Laura Masutti della Lida, rinfrancata da una vampata di “umanità” dopo giorni convulsi tra denunce e i soliti recuperi di animali in difficoltà, spesso a causa del disagio e della cattiveria degli uomini, e mica solo giovani. «Questa sera – rivela la coordinatrice della Lida – un ragazzino di nome Omar mi ha portato un piccolo riccio appena ritrovato da solo, ha pensato che senza aiuto non sarebbe sopravvissuto. Grazie Omar…».