Approfitto della attualità, scusandomi della autoreferenzialità con la quale accenno al fresco ritorno da Barcellona di mio figlio – che non potrò vedere per almeno 72 ore – per allacciarmi al tema della nuova, generalizzata ma, parrebbe, ancora non troppo preoccupante, almeno qui in Italia, crescita dei contagi e dell’annesso problema di quelli da ritorno dalle vacanze.
Ce n’è – e lo dico preventivamente, stavolta sulla scorta di una solida quanto recente esperienza – per configurare il nuovo untore perfetto di questa fase: il solito banale capro espiatorio con cui distrarre l’opinione pubblica, quando non aizzarla in vere campagne d’odio. Sono i giovani con i loro viaggi, le loro discoteche, gli inevitabili assembramenti.
Posto che occorre mettersi d’accordo sulla moderna accezione di giovane, la semplificazione non regge, se si analizzano i vari casi che hanno generato focolai, a partire da quello del Billionaire, dove a parte qualche giovane rampollo, la sessantina di contagiati tra cui il noto patron, dipendenti e clienti, annovera più che altro persone… semmai giovanili.
Ci spiegano chi sono i giovani recenti indagini condotte scientificamente su un numero significativo di cittadini europei tra i 15 e i 25 anni sui temi maggiormente a cuore a questa fascia d’età. Surveys, nulla di più, che i sociologi fanno sempre e che 20-30 anni fa avevano tra i risultati delle preferenze il primato assoluto – da parte di un giovane – del desiderio di possedere un automobile.
La novità sta nel desiderio dell’auto che per i millenials è crollato nella classifica delle priorità: ai primi posti dei 500 punti di un sondaggio, ci sono il lavoro (l’auto al 120°), sicurezza e giustizia sociale, trasporti sostenibili e soprattutto l’ambiente, senza il quale ogni idea di crescita non può prescindere da quella di nuove pandemie e disastri climatici.
E no, non tutti i ragazzi pensano alla discoteca…