Ma il parroco si dissocia dalle maestre: «La risposta è includere, non discriminare»
IL CASO. I compiti del weekend solo per chi non fa la Comunione
Le insegnanti difendono la scelta: «Solo un piccolo dono per quei ragazzi impegnati in cerimonie stancanti...»
In una scuola del Ciriacese è in uso che gli alunni che devono sostenere la prima Comunione, in quel dato weekend vengano esentati dai compiti a casa: si tratta- senza scomodare i rigidi confini della laicità nelle scuole statali- di una “tacita convenzione” per alleggerire quei piccoli impegnati oltre che con le funzioni liturgiche, con feste, pranzi e parenti annessi: «Un piccolo dono – ha confermato una delle maestre aderenti alla “misura” – visto che in giorni come questi si stancano tanto…».
Ci starebbe, come pure che praticamente in tutte le classi del plesso in questione l’esenzione venga estesa anche agli altri che non riceveranno i sacramenti (e che magari si affaticano lo stesso nel fine settimana praticando sport od altre attività senza mai alcuna deroga).
Non è invece accettabile che, sebbene in una sola di queste classi, mentre i compagnetti giustamente festeggiavano senza compiti, le uniche due a non “comunicarsi” erano costrette a sobbarcarsi l’ordinario carico di lavoro a casa: per carità, nulla di drammatico, ma un qualcosa vissuto come una piccola e certamente evitabile ingiustizia. Non solo, chi aveva il weekend impegnato dai compiti e non è riuscito a terminarli ha dovuto sacrificare l’intervallo del lunedì, mentre i compagni “comunicati” lo invece facevano regolarmente, per ovviare alla mancanza.
Il dirigente scolastico e lo stesso parroco della città hanno stigmatizzato l’episodio, che rimanda alla attenzione sempre più irrinunciabile verso le diverse sensibilità religiose e culturali nella società, quindi anche nella scuola.
«Se fai un regalo a quelli che devono ricevere la Comunione lo fai a tutti – afferma don Alessio Toniolo, parroco di Ciriè- Non credo abbia senso creare divisioni e discriminazioni all’interno di una classe. Mi sembra abbastanza strano. Da parte nostra non c’è nessuna direttiva in questo senso, caso mai c’è in senso opposto. Ovvero a includere chi osserva un’altra religione o ha fatto un altro tipo di percorso. Non ha senso dividere fra “buoni” e “cattivi” in questo modo. Il dare meno compiti – prosegue – è una scelta buona e sensibile ma se rivolta a tutta la classe. Si poteva dire “Facciamo festa coi vostri amici che faranno la Prima Comunione dando a tutti meno compiti”. L’avrei portato più sul positivo. Mi stupisco, educativamente, del contrario. Non è una posizione buona, non favorisce l’unità all’interno della classe. Il buon cuore delle maestre potrebbe eventualmente sottolineare la scelta positiva premiando tutti quanti».
Poi, ìl sacerdote conclude con una bella metafora: «Non è perché uno fa festa che si mangia tutta la torta. Bisogna imparare a condividere la gioia di quel momento».
Il dirigente scolastico – che non conosceva la questione -pur rimandando alle verifiche del caso e al prossimo confronto con le insegnanti che non hanno allargato l’opzione a tutti – ha anch’esso parlato, ricacciando l’ipotesi “punitiva”, di opportunità perduta per includere; per quel che ci riguarda la verifica è stata fatta parlando con loro direttamente ed avendo la conferma, al limite del surreale, della vicenda nei termini sopra esposti: anzi, le insegnanti in questione confermano la scelta, difendendo con questa la stessa a non estendere il “benefit” agli altri: «Non capiamo perché scandalizzarsi, è solo una “carezza” verso quei bambini che riceveranno i sacramenti: sappiamo che sono giorni anche “frivoli”, dove oltre alla preparazione per la liturgia si fanno feste, pranzi e quindi sono giorni impegnativi: altre colleghe addirittura fanno un regalo vero e proprio».
A questo punto la “carezza” ai bimbi non “confermati”, la darà, forse, il Papa.