La piaga dei furti in casa attraverso l’esperienza e lo sfogo di un lettore che ci scrive una lettera, che tal quale riportiamo
«Avendo subito un furto in pieno giorno ore 10 del mattino in Ciriè, sono a sollevare un problema che ormai nella nostra società ha un peso sempre meno importante, giustificando o peggio difendendo i reati, addossando le “COLPE” alla povertà, alla tutela delle etnie, alla mancanza di accoglienza, alla carenza di organici delle forze dell’ordine, alla stupidità del non avere preso precauzioni, quindi sminuendo un reato che prima di tutto colpisce interiormente il nucleo famigliare.
Fermo restando che la casa è un ambiente fortemente personale, familiare, un ambiente che al più concediamo di vivere ai nostri ospiti, quindi a parenti e amici. L’idea che qualcuno possa violare la nostra abitazione non è certo piacevole, si sa, ma purtroppo i furti in abitazione continuano ad essere una realtà, in Italia proprio come in altre parti del mondo.
Le cronache riportano molto spesso episodi di questo tipo, alcuni dei quali, purtroppo, si rivelano particolarmente cruenti, ma le istituzioni preposte continuano a diffondere dati ottimistici sulla diminuzione di tali reati, non dicendo, come al solito, che in Italia viene effettuato un furto ogni 3 minuti (ISTAT), che il mercato parallelo di vendita della refurtiva è in crescita, che la legge non viene applicata.
A proposito della legge art. 624 bis codice penale che cita:
Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa, è punito con la reclusione da quattro a sette anni e con la multa da euro 927 a euro 1.500.
Vorrei sapere come mai l’applicazione della suddetta è diventata priva della deterrenza auspicata. Anche in questo l’opinione pubblica viene pilotata, dando “COLPE” al sistema giudiziario, alla mancanza di istituti di pena, alla mancanza della certezza della pena.
Seppure denunciando il furto mi sono reso conto della distanza abissale fra il cittadino e lo Stato, e spiego il perché:
I carabinieri intervenuti mi hanno dato l’impressione di essere rassegnati ad un becero lavoro di formalismo, di una impotenza ormai conclamata.
Inoltre, seppure ligi al proprio dovere verso il cittadino, mi è stato fatto capire che senza inferriate a modo di carcere, senza antifurti wifi, senza animali feroci in casa, senza serramenti e porte blindati, le probabilità aumentano.
Alla mia domanda specifica di utilizzo di armi regolari, mi è stato caldamente sconsigliato, ed addirittura interrogato sull’utilizzo, sulla modalità di conservazione, quasi fossi io il delinquente.
Ora mi domando se i nostri politici sempre più distanti dalla realtà, sempre più interessati alle polemiche partitiche, alle poltrone, si rendano conto del grave danno pratico e psicologico che proteggere i “ladri” o peggio identificare il problema come minore, comporta un allontanamento dalla società dei cittadini.
Per queste ragioni sono arrivato alla conclusione che mi sento sempre meno “cittadino italiano” ma sempre più un italiano che vive in uno Stato debole, in una società distorta e marcia, governato da lobby, istituzioni fatiscenti, politici incapaci, giustizia iniqua.
Ringraziando per lo spazio, saluti da un “Italiano vero” che si vergogna di essere un “cittadino italiano».
Lettera firmata