Una vicenda pubblicata la scorsa settimana e che ha scosso, a giudicare dalle mail ricevute, l’opinione pubblica. Dell’uomo in questione purtroppo, nonostante la catena di segnalazioni nel mondo dell’accoglienza ai migranti ed anche le ricerche delle forze dell’ordine, non è rimasta purtroppo alcuna traccia. Di seguito la testimonianza-editoriale del nostro direttore sul fatto.
Con due gradi sotto zero, nel cuore della notte, accucciato sul ciglio della strada al “caldo” di un fuocherello precario come il suo vestiario: un jeans ed una felpa. Un fantasma nella notte, all’improvviso, come a rammentarti che no, i nodi pre Covid non sono stati sciolti e sono lì, pronti a ripresentarsi con tutta la loro variegata e tragica fenomenologia. Se ne stava così “Sissoko” l’altra notte, e chissà come ci è arrivato poi, a poche centinaia di metri dal centro di Ciriè, nel Torinese, lungo la strada provinciale, via Corio, che collega l’antica città dei D’Oria a San Carlo Canavese e alle Valli di Lanzo, “meno battute dalle forze dell’ordine” che in Val Susa.
Un bivacco incredibile e improbabile – così come può essere la follia della disperazione – quanto le giustificazioni rese da questo uomo di colore di una trentina d’anni, che in uno stentatissimo mix di italiano, francese e chissà quale dialetto africano – misti forse a reticenza e paura – e forse anche ostacolato dal battito dei suoi denti bianchissimi, non è riuscito altro che a ripetere, oltre al suo nome a chi scrive che gli prospettava di trovare un riparo o almeno di dotarsi di coperte: «Bisogno niente, polizia, viaggio… Torino, famiglia… montagna, montagna, montagna…», come in un mantra, per due, tre volte. Il tempo di girare l’automobile, che si trovava in una pericolosa posizione e poterlo avvicinare sulla stessa corsia di marcia e l’uomo è scappato. La sua presenza è stata segnalata da altri cittadini anche nei giorni seguenti, quando si è cercato di risalire – con scarso successo – alla sua identità e per quale motivo bivaccasse così.
Tra le ipotesi, visto anche quanto detto dallo stesso, che volesse arrivare in montagna, per passare in Francia e magari ricongiungersi alla famiglia. Ma in che modo, verrebbe da pensare: dire che fosse quantomeno mal equipaggiato risulterebbe un eufemismo. La segnalazione è stata inoltrata ai servizi comunali che si occupano di assistenza nel territorio in ordine ai fenomeni legati all’immigrazione e alla stessa locale tenenza dei carabinieri, che in questi giorni ha avviato nuove ricerche in merito. Che potrebbero magari anche salvargli la vita.
«Si potrebbe trattare di uno di quei “super” clandestini, invisibili a tutti ormai, che tentano, anche con scarsa cognizione di causa spesso, disperatamente di raggiungere la Francia attraverso le montagne – commenta l’episodio Gian Luca Bruna della Cooperativa Dalla Stessa Parte che collabora con le istituzioni alla gestione del fenomeno migratorio sul territorio in oggetto – l’auspicio ora è di non trovarlo morto».