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«Saper vedere oltre le emergenze» – È già iniziato il viaggio che, a giugno, porterà monsignor Nosiglia nelle Valli di Lanzo
Cultura
Marco Bussone
20 Gen 2012
Valli di Lanzo
«Saper vedere oltre le emergenze» – È già iniziato il viaggio che, a giugno, porterà monsignor Nosiglia nelle Valli di Lanzo

Il viaggio che a giugno porterà monsignor Cesare Nosiglia nelle Valli di Lanzo è già iniziato. Le piccole parrocchie delle montagne più vicine a Torino sono nel suo cuore, sin dal 20 novembre 2010, data dell’arrivo dell’Arcivescovo da Vicenza.
Nel comporre l’itinerario che per i prossimi cinque anni lo porterà in tutte le parrocchie della Diocesi, ha scelto tra le prime destinazioni proprio le due unità pastorali delle Valli.
Non ci sarà la neve che invece aveva trovato un anno fa, salendo nelle tre vallate a incontrare i sacerdoti. Nosiglia ha ben chiare tutte le sfide di questa porzione della Diocesi: il lavoro ai giovani, l’attenzione ai deboli e ai poveri, la necessaria “evoluzione” della fede a cinquant’anni dal Concilio Vaticano II. Ma anche il problema dei servizi, come scuole, sanità, assistenza, la crisi economica e lo spopolamento dei territori. Monsignor Nosiglia, cosa significa guardare al futuro?«Guardare al futuro con speranza significa superare l’effimero e saper vedere oltre le emergenze, per puntare sulle indispensabili risorse umane ed etiche che non sostituiscono le risorse economiche e materiali ma ne costituiscono il fine».La montagna si appella spesso a un rinnovato sviluppo. Cos’è secondo lei questo sviluppo?«Lo sviluppo non è solo una questione economica. Anzi, l’economia stessa non può porsi al di sopra delle regole che tutelano quel bene che è la persona e quei beni comuni che stanno alla base di una società viva e sana. Al di sopra delle regole, c’è la volontà politica, quella che sceglie il dialogo, il confronto, il lavoro comune e non lo scontro».Di nuovo sviluppo ha parlato nel suo itinerario a giugno tra fabbriche in crisi, scuole a rischio, ospedali che dovrebbero chiudere. Cos’è avvenuto da allora?«Da quando sono stato nelle Valli di Lanzo e abbiamo trattato il tema del lavoro e della scuola, so che è stato avviato un tavolo permanente di confronto e di impegno, tra i sindaci, con la Regione, con il nostro ufficio per la Pastorale del Lavoro. Mi dicono stia lavorando e stia cercando di sostenere un certo cammino che tenga conto della specificità di questa Valle». In che modo?«La specificità delle aree montane deve entrare nei piani politici, economici, sanitari, perché lì siamo in montagna, ci sono piccoli paesi che stanno morendo.
Se non c’è un aiuto e un sostegno, c’è il rischio veramente che si perda una cultura, una realtà e non si vada incontro alle esigenze della popolazione. All’interno dei progetti che vengono lanciati, non si deve guardare solo alla grande città o alle zone limitrofe, ma dev’esserci anche un’attenzione alla montagna. E le Valli di Lanzo devono essere poste in primo piano».Recentemente ha affermato che la crisi può avere un altro volto, meno negativo. Cosa voleva dire?«Il problema della crisi non riguarda solo le forze sociali e le imprese, ma ogni cittadino. Forse si è vissuto per troppi anni al di sopra delle nostre possibilità, con stili di vita molto elevati, con attese e pretese eccessive rispetto alle risorse che abbiamo contribuito a creare.
La crisi oggi può diventare una “buona occasione”, un tempo propizio per ripensare lo stile di vita».Nel messaggio per il 2012, come nella sua prima lettera Pastorale, ha ripetuto le parole del suo predecessore, padre Michele Pellegrino, “Camminare insieme”. Quale significato hanno oggi?«Diventa decisiva la formazione di cristiani laici, adulti nella fede e testimoni di speranza nel tessuto della vita delle persone e delle famiglie, negli ambienti di lavoro e di cultura e nella città.
Anche nei territori più deboli, come quelli montani, dobbiamo lavorare e camminare insieme, sacerdoti e diaconi, religiosi e religiose e laici, per una Chiesa sempre meno autoreferenziale e più capace di scelte coraggiose di vita cristiana, per una Chiesa che mantenga il suo carattere popolare e accogliente verso tutti e che voglia stare “accanto” e non in cattedra. I nostri santi e beati ci hanno tracciato una strada luminosa. Su di essa siamo chiamati a camminare con grande amore e speranza per l’avvenire della Chiesa locale, la Diocesi».I giovani. Anche in questi territori montani, sembrano rassegnati di fronte a mille problematiche che li assalgono.«Molti non vedono di fronte a sé “spazi di speranza”. A loro e a tutti dico che la fede in Cristo può rivelarsi forza trainante quando si vive con coerenza e generosità non solo nella propria vita personale, familiare ed ecclesiale, ma anche nel mondo sociale, culturale e professionale in cui c’è davvero bisogno di una rinnovata fiducia in se stessi e negli altri».Quali sono i loro problemi, da lei rintracciati, per il quale la Chiesa può dare un contributo alla risoluzione?«Non vorrei che il tema dei giovani si riducesse al “trovare lavoro”. La loro fragilità ha svariate cause: ruoli familiari materni e paterni indeboliti, merito disconosciuto, cultura nichilista e consumista che elimina il senso del limite, assenza di una dimensione religiosa. Credo che sia necessario riannodare i fili del dialogo fra le generazioni, a cominciare dalla famiglia, con il contributo determinante della scuola».Nelle Valli di Lanzo, proprio i giovani sono quelli che tendono maggiormente ad andarsene, a scendere in città dove hanno l’impressione la vita sia migliore…«Vorrei dare un messaggio di speranza ai giovani che abitano in questi territori.
Bisognerebbe intanto che i giovani non si abbattano e cerchino di trovare vie e strade per poter restare nella Valle. Altrimenti restano solo anziani e questo aggrava ancora di più la situazione.
Però bisogna che le autorità sia politiche, culturali, sociali, la stessa Chiesa, diano ai giovani possibilità di concreti sviluppi, sia per il lavoro, sia per la cultura, la scuola… perché le parole non bastano per risolvere una situazione complessa. Sono portati di per sé a venire via, ad andare in luoghi dove vi è anche più possibilità di avere divertimento, di avere incontri». Insomma, devono resistere.«Sì, li invito a resistere a questa tentazione, ad amare la loro valle, a cercare di dare il loro contributo responsabile affinché si mantenga ferma una presenza loro all’interno delle Valli».

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