Desirè e Vittorio sono due giovani rispettivamente di San Francesco al Campo e Ciriè (To) che, insieme ad altri ragazzi della zona tra i 19 e i 26 anni, pochi mesi fa han dato vita all’associazione Macapà: cerchiamo di capire meglio che cos’è e di cosa si occuperà la loro creatura.
«Partiamo dal nome: “la giornata Macapà” è per noi la classica domenica in cui mettiamo dal nostro armadio in un sacco i vestiti che non usiamo più per darli a parenti e amici; il fatto che qualcosa che a noi non serve o interessa più possa invece essere utile a qualcun altro è un’immagine che calza bene non solo sui vestiti o in generale sugli oggetti, ma anche rispetto alle nostre competenze e conoscenze, nel nostro caso in ambito artistico. L’associazione Macapà si occupa quindi di promuovere le arti performative, e di creare uno scambio di risorse artistiche in una prospettiva educativa, rifacendosi proprio all’idea della “giornata Macapà”. Noi riteniamo il teatro, la danza, la fotografia, etc. come un mezzo, e non soltanto un fine: la nostra difatti è un’associazione artistico – culturale».
In quale contesto vi siete trovati, vi siete resi conto di volere la stessa cosa e avete deciso che volevate creare un’associazione?
«Ci siamo tutti trovati durante un corso di teatro gratuito a Ciriè finanziato dalla Regione e diretto da Silvano Antonelli (attore, regista e probabilmente Dio!), che ci ha fatti incontrare, conoscere a livello artistico e teatrale ed unire tutti (N.d.r. Silvano Antonelli è uno dei leader della Casa del Teatro ragazzi e giovani). Abbiamo scoperto pian piano di avere tutti in comune un grande sogno: quello di vivere di teatro. L’idea di creare una casa artistica dove esercitare tutte le arti performative ha a quel punto solleticato tutti. In questo percorso Silvano, sua moglie e altri “adulti” con cui siamo entrati in contatto, come i titolari della Software House Nethnic (con i quali Macapà ha collaborato per promuovere la giornata del Job Meeting con flash mob itineranti quest’estate), hanno creduto e credono tuttora in noi e nel nostro progetto, sostendendoci e aiutandoci molto».
Che cosa offre in concreto la vostra associazione?
«Da una parte c’è la compagnia teatrale vera e propria in cui lavoriamo. Dall’altra vorremmo utilizzare le arti performative più a livello educativo: per ora abbiamo iniziato a scrivere progetti per le scuole, che hanno come obiettivo quello di creare nelle classi una collettività e rendere coscienti i ragazzi di farne parte. E’ come il gioco della zattera: tutti sono presenti nello stesso spazio, ma se vanno tutti nella stessa direzione la zattera affonda; deve esserci un equilibrio collettivo, e bisogna sentirsi parte di questa collettività. Bisogna essere capaci di riconoscere ognuno il ruolo dell’altro. Qualsiasi arte performativa può aiutare a sviluppare questo senso. Rispetto ad altri progetti abbiamo messo piede tra i difficoltosi bandi europei (ci va un genio per poterli scrivere!): fortunatamente ogni componente di Macapà ha una sua peculiarità, per cui abbiamo una persona che un po’ bazzica nei bandi».
Del versante formativo mi avete parlato, ma per quanto riguarda quello teatrale cosa bolle in pentola?
«Due spettacoli! Uno autoprodotto, scritto da noi, che però non sveliamo! Lo stiamo scrivendo e provando contemporaneamente…diciamo che il Tempo sarà il protagonista. L’altro spettacolo è un’opera di autore, Pazzo d’amore: si tratta di un dramma del 1979 di Sam Shepard, commediografo, attore e scrittore statunitense contemporaneo, dal quale tra l’altro Robert Altman ha tratto un film dieci anni dopo. Pazzo d’amore ha al centro un lungo dialogo tra May ed Eddie, fratellastri perchè figli di uno stesso padre ma di madri differenti; i due si reincontrano dopo molto tempo in un motel per ripercorrere la loro ibrida relazione sentimentale e sessuale. In questo ultimo dialogo-scontro i due fratelli si trovano ad una resa dei conti contrappuntata dalla presenza-assenza del “vecchio” (o meglio del suo fantasma), mai chiamato “padre”».
Come intendete comportarvi con le realtà associative e gli enti già presenti sul territorio, alcuni dei quali già si occupano di teatro?
«La nostra parola chiave vuole essere RETE: siamo ben coscienti delle risorse che già esistono sul territorio, alle quali non vogliamo sostituirci ma piuttosto sommarci. Noi puntiamo tantissimo a creare quindi rete sul territorio, con altri enti e anche singole persone».
Cos’è il teatro per voi, cosa vi trasmette?
Desirè:«Faccio teatro sicuramente per l’emozione che provo prima di andare in scena. sembrerà riduttivo dire così, ma quelli più importanti per me sono i primi cinque secondi dello spettacolo! Inoltre il teatro è un metodo rapido per comunicare, emozionarsi e farsi emozionare.
Vittorio: «Io ho cominciato perché sono timido: a me il teatro da un certo punto di vista mi spaventa molto ma mi affascina anche tantissimo. E questo aspetto di mettersi sempre in gioco e vincere ogni volta le proprie paure si ripresenta ad ogni spettacolo. quando si apre il sipario davanti a persone che possono essere amici, parenti o sconosciuti, a me continuano a tremare le gambe! Mi da sempre una carica di adrenalina e di vita, ho un’esplosione di emozioni dentro che difficilmente io personalmente riesco a provare. Il teatro è una ricerca continua di sé stessi, se vogliamo anche molto invasivo: se non ti conosci bene e hai delle paure dentro il teatro te le tira fuori, e tu ti ritrovi nudo davanti ad una marea di persona che non ti conoscono. E in quel momento cresci, non c’è niente da fare».
Chi volesse entrare in contatto con voi cosa deve fare?
«Su facebook trovate la pagina “Associazione Macapà”, o si può scrivere alla mail associazionemacapa@gmail.com; a breve avremo anche un sito».