A.G., l’operaio 31enne di Borgaro che avrebbe addirittura inseguito e preso a pugni il potenziale rapitore di suo figlio, beh…, si era inventato tutto. L’uomo lo ha ammesso ai carabinieri dopo essere stato sottoposto ad un lungo interrogatorio nella caserma di Venaria. Agli investigatori, coordinati dal pm della Procura di Ivrea, Giuseppe Drammis, avrebbe raccontato che il bambino in un primo momento l’aveva effettivamente smarrito. Poi qualcuno, mentre lo stava cercando tra la folla, gli avrebbe suggerito di raccontare che gli era stato portato via, altrimenti poteva rischiare una denuncia per omesso controllo e che il minore gli venisse addirittura tolto.
Ma il suo racconto è stato smentito dai filmati delle telecamere poste nell’area indicata dall’uomo come teatro dei fatti, che non hanno fornito alcun riscontro alla versione del genitore. In serata, dopo una giornata in cui la vicenda ha tenuto banco nelle maggiori Tv nazionali con annesse testimonianze, il borgarese ha quindi ammesso agli investigatori di essersi inventata tutta la storia, anche per quel che attiene all’altro bambino menzionato nella vicenda.
Ora verrà denunciato per procurato allarme, abbandono di minore, simulazione di reato e calunnia.
Due anni fa alla Continassa, una ragazzina, per giustificare una fuga con il fidanzato, aveva denunciato di aver subito uno stupro da parte di un gruppo di rom, fatto rivelatosi anche in quel caso destituito da qualsia fondamento ma che non evità l’assalto al vicino campo nomadi da parte degli abitanti della zona (un fatto analogo capitò anche a Napoli pochi anni fa).
Mentre nel 2000, una giovane madre di San Francesco denunciò otto rapine, con tanto di sevizie fisiche subite, in casa, tirando in ballo addirittura i “satanisti” (beh, sul disprezzo verso gli adoratori di Satana perlomeno siamo tutti d’accordo, avra pensato, nda): le indagini dei carabinieri rivelarono che la donna aveva architettato il tutto (persino il nastro isolante con cui simulava di essere stata più volte immobilizzata dai malviventi) per convincere il marito ad andare via da quella casa, per tornare a vivere a Ciriè.
Gianni Giacomino e Antonello Micali