Si trovavano al largo dell’isola di Ponza quando la loro barca è stata speronata è affondata: un fatto che rimanda alla tragedia di tre anni fa nelle acque dell’Atlantico che coinvolse la nostra zona
È di questi giorni la brutta avventura, per fortuna a lieto fine, che ha visto coinvolti due velisti torinesi, con altri cinque compagni, che erano naufragati nella notte tra sabato e domenica al largo dell’isola di Ventotene. Sono tutti in salvo ma hanno vissuto momenti di paura dopo che la loro barca a vela è stata speronata da una bettolina, la Valais, nave di 90 metri in servizio per l’approvvigionamento di acqua potabile all’isola di Ponza e che naviga abitualmente tra Gaeta, Formia e le isole Pontine. La barca a vela, lunga undici metri e mezzo, è affondata.
I due torinesi stavano partecipando alla regata dei tre Golfi della Rolex Capri sailing week, una competizione del campionato europeo in notturna. Al momento del naufragio c’erano mare e vento molto forti: la vicenda rimanda giocoforza a quella, purtroppo dall’epilogo non altrettanto fortunato, dello skipper lanzese e del suo amico dispersi nell’atlantico e mai ritrovati: Aldo Revello, originario di Lanzo, e Antonio Voinea.
È la triste storia dei due velisti dispersi nell’oceano Atlantico dal 2 maggio del 2018: un caso che, tre anni fa, riempiva le colonne dei giornali, facendo scattare una raccolta fondi per aiutare Rosa Cilano, moglie di Aldo, e i genitori di Antonio, a coordinare le ricerche,dei naufraghi e cercare la verità sull’accaduto, tenendo col fiato sospeso anche la comunità lanzese, che proprio in quei giorni organizzò anche una suggestiva fiaccolata per le le vie del centro di Lanzo.
Da due anni, però, nessuna notizia di Aldo Revello e Antonio Voinea e nemmeno sulle cause che avrebbero provocato il naufragio e, di lì a poco, l’ultimo segno lasciato dai due: l’allarme automatico mandato dal sistema dell’imbarcazione (le ricerche non porteranno ad alcun esito, se non al ritrovamento di un salvagente di dubbia attribuzione all’imbarcazione sparita). In questi tre anni, sulle cause, si sono rincorse ridde di ipotesi: morti ammazzati dopo un tentativo di arrembaggio da parte di pirati o deceduti a seguito di uno speronamento? Finora dalle istituzioni italiane non è arrivato alcun aggiornamento: è silenzio fitto anche sull’inquietante vicenda di alcune foto false passate alla stampa per dimostrare l’affondamento dello yacht di 14,5 metri dov’erano imbarcati i due skipper, un episodio che ha amareggiato le famiglie dei due scomparsi che continuano ad invocare verità e giustizia.
Purtroppo non sono gli unici dispersi di cui si è parlato in questi anni, altro caso fu quello che il 7 luglio 2012 coinvolse Aurelijus Sukionis, un commerciante di auto lituano, che sparì nel nulla, durante le vacanze in Liguria con i figli. Gli investigatori scoprirono tempo dopo, 4 anni dopo, che, probabilmente, fu assassinato ed il corpo sepolto nelle campagne di Vauda Canavese. E poi c’è la storia di altri tre cadaveri eccellenti.
Nel 2014 il boss Rosario Marando indirizza gli investigatori nei boschi della Vauda di Volpiano, per cercare tre corpi. Si tratta dei resti di Antonio, Antonino Stefanelli e Franco Mancuso, morti ammazzati in una tremenda guerra tra ‘ndrine 16 anni fa, consumatasi a Leinì. Rosario Marando ha sempre sostenuto di non aver giustiziato nessuno, ma di avere solamente aiutato a seppellire quei tre corpi. Di certo non nei 300 metri quadrati indicati e setacciati dalla scientifica e dai cani molecolari. Resta un mistero che, probabilmente, non verrà mai risolto.
— DEBORA CATBERRO*