I fondi alla rete di associazioni antiabortiste annunciate dall’assessore regionale in quota Fratelli d’Italia, Maurizio Marrone, sodalizi peraltro già presenti da almeno due anni all’interno delle strutture sanitarie pubbliche, impatta sul dibattito originario tra contrari e favorevoli all’aborto e lo fa ancor di più a Ciriè, il cui ospedale er finito recentemente agli onori di cronache e polemiche per il record, negativo, di avere in forza solo medici obiettori, costringendo di fatto molte donne a ricorrere all’intervento in altri ospedali.
Sulla questione, che è andata avanti per almeno un decennio e che sarebbe ora in via di superamento, come è noto, si erano spese, con diverse iniziative, tra cui flashmob ad hoc nei quali si denunciava la situazione come chiara “violenza di genere”, le volontarie della Rete delle Donne di San Maurizio e le militanti di Potere al Popolo (nella foto).
A prescindere da come la si pensi sullo spinoso tema, che ricordo essere comunque regolato da apposita (e sudata) legge dello Stato, a livello amministrativo va ad ogni modo segnalata la coerenza nel perseguire le istanze che animano la misura, integrandole con le risorse necessarie a sostenere quelle madri prese in carico e convinte a recedere dalla convinzione dell’aborto come unica scelta possibile.
Ma tutto questo (e anche di più) non dovrebbe farlo (laicamente) già lo Stato…?
(Altro servizio sul tema nel settimanale in edicola da oggi, giovedì 14 aprile)