Riceviamo del segretario generale della Cisl Torino-Canavese, Giuseppe Filippone, sull’ennesimo incidente mortale avvenuto questa mattina a Leinì, nel quale ha perso la vita Davide Rao, operaio 55enne di San Maurizio Canavese, e pubblichiamo: «Quella delle morti sul lavoro è ormai un’altra guerra, con morti e feriti ogni giorno. Una guerra che va avanti da troppo tempo e che non riusciamo a fermare nonostante appelli, denunce, indignazione generale e provvedimenti legislativi. Una guerra che sta insanguinando il mondo del lavoro e che ci lascia impotenti e smarriti di fronte al dolore immenso per la perdita di vite umane, spesso in giovane età. Il nostro territorio continua a pagare un prezzo inaccettabile. In questo contesto, difficile e drammatico, continueremo la nostra azione di sensibilizzazione sul rispetto delle norme di sicurezza e di contrasto all’illegalità, segnalando agli enti preposti, attraverso i nostri rappresentanti della sicurezza nei luoghi di lavoro, le eventuali anomalie e irregolarità».
Sulla tragedia di Leini interviene anche il segretario generale della Uil Piemonte, Gianni Cortese: «Nell’esprimere profondo cordoglio e vicinanza alla famiglia della vittima, manifestiamo la nostra indignazione per l’inarrestabile sequenza di morti sul lavoro. Siamo stufi delle sterili manifestazioni di cordoglio espresse in queste circostanze, perché denunciamo da troppo tempo, a tutti i livelli, le leve su cui agire per migliorare la prevenzione e la sicurezza nei luoghi di lavoro: formazione e informazione preventiva, dotazione ed utilizzo dei dispositivi previsti dalle norme, aumento dei controlli attraverso assunzioni mirate di personale, lotta alla precarietà e applicazione dei contratti nazionali di lavoro sottoscritti dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative».
E Sarah Pantò, segretaria della Cgil di Torino, parlando di «tendenza drammatica, che non accenna a fermarsi: gli Ispettorati del Lavoro e gli Spresal sono sotto organico, al punto che molte aziende non vedono un’ispezione neppure una volta ogni vent’anni – dichiara – Così produce impunità e si alimenta una cultura che continua a mettere la produttività davanti alla sicurezza: se resta confinata a un adempimento burocratico, a un corso fatto solo per obbligo o a un documento da archiviare, diventa rischio quotidiano. Non si tratta di fatalità, ma di un modello d’impresa che considera la fretta e il risparmio più importanti delle persone».