La Cicala, il pub che Pia gestiva sul vago confine tra Fiano e La Cassa, era uno di quei locali meravigliosamente contradditori e incongruenti che solo l’estrema provincia può partorire. In prima serata era un normale ristorante, con clienti eterogenei che venivano per gustare la cucina. Poi, non appena questo cominciava a svuotarsi, arrivavano i rockers locali, spesso motomuniti e intabarrati in giubbotti di pelle chiodata, per assistere ai concerti.
Per raggiungere il pub si doveva percorrere la strada che costeggia il muro della Mandria e si superava l’ingresso del Golf Club: la Cicala era l’ultima costruzione prima della pista di prova della FIAT. Più avanti, soltanto un ostico sterrato che precipita giù nella Val Ceronda. Eppure proprio questa collocazione, apparentemente folle, si rivelò fortunatissima, perché consentiva di raccogliere clienti dalle valli di Lanzo, dal ciriacese, dal capoluogo e anche dai comuni della Val Ceronda. Si raccontava che talvolta, durante la settimana, capitasse a tarda sera qualcuno della famiglia Agnelli per mangiare qualcosa in tranquillità, prima di entrare nella tenuta della Mandria. Nel grande salone, dipinto in stile pop da Dario Bruna, oggi affermato batterista jazz, viene montato un impianto voce Lombardi, uno di quelli che si usano per i concerti all’aperto e che, in uno spazio chiuso, diventava un’arma acustica. Roba da far saltare le otturazioni dei dentista e che ebbe una sua responsabilità nella chiusura del locale, qualche anno dopo. L’esistenza di un posto in cui esibirsi accende un grande interesse: molti ex musicisti dissotterrano gli strumenti ormai sepolti in cantina, altri si danno da fare per imparare a suonare.
Nascono nuovi complessi e un complicato intreccio di formazioni parallele, che mescolano i componenti di vari gruppi. La Cicala diventa una sorta di Piper campagnolo e ruspante, dove non va in scena solo musica. Per un annetto ospitò la rassegna Cabaret..ti…amo. dove si esibirono artisti destinati a grande fortuna, come Luciana Littizetto, portando sul palco la sua coatta “Sabbry”, oppure Franco Neri, che presentava Professione meridionale e che poi divenne famoso come il calabrese di Oh Franco! a Zelig. La Cicala visse alcuni anni fortunatissimi. (Continua sul giornale, giovedì 6 febbraio)
“Questa è la Pia che è stata conosciuta dai ciriacesi ma prima c’è stata una Pia che negli anni ’70 è stata operaia e poi funzionaria sindacale per i Tessili della Cisl; attenta alle donne e presente nell’allora Intercategoriale Donne Cgil-Cisl-Uil, costruendo da sola e autodidatta un sapere politico e sindacale che le è stato utile negli anni a venire. Sempre con gli ultimi, verissimo, e senza se e senza ma, anche con quelle asprezze che l’hanno fatta unica e non sempre compresa nemmeno nel sindacato. Forse solo con il compianto Pasquale Cavaliere (e pochi altri) ha trovato l’amico sodale che l’ha aiutata nei momenti difficili e a cui lei è stata legata nel ricordo tanto da dedicargli il nome della nuova cooperativa con la quale gestiva La Locanda del Parco: ”Il sogno del Cavaliere”.
La sua cucina semplice l’ha portata avanti anche a Torino, prima nel ristorante de La Cascina Roccafranca nella Circoscrizione 2 e poi in quello de La Casa nel Parco assieme alla Fondazione Mirafiori nella Circoscrizione 10.
Mancheranno la sua risata, il suo grembiulone spadellato con il quale ti accoglieva in cucina, le sue lotte ancora recenti per l’accoglienza alle famiglie rom accampate nel Parco Colonnetti. Fino all’ultimo con idee e ideali mai cambiati negli anni, una coerenza che dovrebbe essere esempio e monito per quelli della sua generazione che il grembiule della politica l’han tenuto immacolato saltando qua e là nei partiti a garanzia di posizioni. Alcune donne non sono sostituibili.”
(Tina Fronte)