Perdono il lavoro e dunque la casa. Una coppia di coniugi ciriacesi di circa 50 anni da mesi vive e dorme in macchina, prima vagando nei posti più discreti (nelle campagne), fino a quando, sabato, nel piazzale del Bennet anche l’ultima risorsa, la vettura esausta come loro, li abbandona, svelando la triste vicenda alla luce del sole: stanchi e rassegnati, preoccupati, oltreché di mantenere un livello di dignità accettabile, di potersi ammalare, e forse peggio (nel 2012 una persona ridotta a vivere in auto con la sorella morì a Lanzo, ndr), alla fine si sono rivolti ai servizi sociali e al Comune, anche se finora invano. Nel frattempo, con le prime sere di gelo, sabato sono ricorsi al riparo dell’ospedale, ma ieri notte, per la prima volta da mesi, hanno dormito al caldo, grazie al gesto di una persona, un privato cittadino che vuole mantenere l’anonimato e che saputa la loro situazione se li è andati a prendere in quel piazzale proprio mentre per la seconda volta si recavano al nosocomio cittadino, dando loro un tetto, un pasto caldo e un bagno degno di questo nome.
«Ho fatto questo gesto d’impulso, ma mi rendo che non è così che dovrebbe andare, che non si può delegare tutto al buon cuore e al volontariato. E che non è possibile che un dramma del genere si consumi nell’indifferenza di questa città e soprattutto delle istituzioni preposte a risolverle. Ed è incredibile, affrontando questa vicenda, scoprire che al netto della scarsità di risorse per il sociale (non è il caso, tra l’altro, che il Comune utilizzi uno dei suoi immobili per emergenze del genere, visto anche il periodo?) la burocrazia renda tutto ancora più paradossalmente complicato: per entrare nei meccanismi dei servizi sociali, che conoscono la loro vicenda, queste persone necessitano dell’isee e per l’isee un patronato ha chiesto alla coppia un cud pregresso che hanno problemi a farsi recapitare dal precedente datore lavoro al Sud: e senza questa “carta” a loro è stato per esempio negato di poter fruire del servizio di lavanderia del Girasole e di farsi una doccia».
Ancor più, come spiega ancora il benefattore, che è anche un avvocato, non si tratta in questo caso di persone con una storia ormai cosiddetta conclamata di “marginalità”, ma di persone che fino a pochi mesi fa avevano una vita normale e che ora hanno bisogno di una mano per risollevarsi, per uscire dall’emergenza, finora cristallizatasi – per fortuna – solo con l’ipotermia della donna.
«Il marito – spiega ancora chi li ha ospitati la notte scorsa – ha 28 anni di lavoro alle spalle ed è disoccupato dal settembre del 2014».
Dal racconto della coppia emerge anche che quando non hanno più potuto pagare hanno lasciato la casa in affitto di loro iniziativa, sperando di risolvere tutto in fretta e di rimanere in buoni rapporti col padrone di casa, e invece… il nuovo lavoro che c’era in prospettiva non si è concretizzato, dovendo così alla fine lasciare anche l’ospitalità temporanea di alcuni amici. «Non è possibile che la città lasci deragliare gente che ha solo bisogno di un po’ di aiuto. Almeno un primo aiuto: mi vergogno un po’ del mio albero di Natale bello luccicante e della mia stufa accesa: ma forse qualcun altro dovrebbe farlo di più…», conclude l’avvocato.
L’intervento del professionista intanto ha prodotto un primo fatto concreto: dopo aver preso contatti con il Cis, si è rivolto alla Caritas, e il responsabile Carlo Mazzucchelli in un amen, almeno fino al 6 gennaio, ha trovato loro una sistemazione in una pensione a Lanzo. Poi si vedrà.
Della vicenda, nota da qualche giorno a chi scrive, era già stato informato da una settimana dagli stessi l’assessore Luca Capasso: «Purtroppo non abbiamo case disponibili e risorse, abbiamo proposto ai signori la possibilità di pagare loro un biglietto per raggiungere qualche familiare in Campania, di cui sono originari, oppure temporaneamente, nell’attesa di una soluzione, di recarsi nei dormitori di Torino». Che è poi quello che l’amministratore ha risposto anche al nostro giornale.
«Abbiamo chiesto una mano in un momento così difficile solo quando non ci è stato più possibile andare avanti in questa maniera: una camera, non una casa; non siamo gente che vuole essere assistita per sempre – si sfoga il marito – abbiamo spiegato all’assessore che non possiamo tornare in Campania, perché non sappiamo anche lì da chi andare e che nei dormitori, qualora ci arrivassimo, ci dividerebbero: e noi siamo ancora, fino a prova contraria, marito e moglie… Perché ci umiliano così?». Per ora, almeno il rischio di un Natale all’addiaccio è scongiurato.
(Gli sviluppi della vicenda nei prossimi numeri in edicola)