Fatta ovviamente eccezione per la terribile tragedia di Brandizzo e per gli ennesimi crimini ai danni di donne, è stato forse la notizia più seguita dei giorni scorsi: l’orribile martirio della capretta di Anagni per mano di un “branco” di ventenni assetati di violenza, feroce e gratuita, e magari di annessi like sui social dove hanno puntualmente postato la loro bravata. Il povero animale è stato ammazzato a calci e pugni e poi scaraventato da un balcone.
A fianco degli articoli che ne hanno parlato su tutta la stampa italiana (e non solo), non sono mancati diversi pezzi di approfondimento e di analisi, da quella psicologica a quella sociologica e sulle adeguate sanzioni da infliggere agli autori di tali reati, perchè quello sono. Tra le varie angolature, una però rimane come comune denominatore di questo tipo di vicende: i genitori che difendono questi figli ad oltranza, ricorrendo al giustificativo della “bravata goliardica”. Che riporta alla mente quella del ragazzino che 4 anni fa ammazzò, palleggiandoci come con un pallone, un riccio nei pressi di via Biaune a Ciriè, il tutto in mezzo ad altri amichetti: anche in quel caso il filmato finì presto in rete e ne scaturì un altro caso virale e anche il quel caso a momenti il carnefice passava per vittima.