Il 16% della popolazione mondiale è affetta da disabilità e da sempre ha incontrato ostacoli non solo urbani ma anche nel vestirsi. Se indossi un abito pratico, che ti piace e valorizza il tuo aspetto, migliora anche l’autostima. Questa consapevolezza ha stimolato la giornalista di Vanity Fair e ufficio stampa di Casa Oz e MagazziniOz, Francesca Martinengo, a scrivere un libro interessante sulla adaptive fashion o moda adattiva. «Spero che questo libro possa essere un incentivo per i giovani designers e invogliare chi vive questa condizione di disabilità al 100% a vivere nel segno della bellezza che rinvigorisce la dignità di persona. Non ho mai creduto che basta essere belli dentro, l’abito per me ha i super poteri». L’ottimismo della Martinengo, affetta da paraparesi spastica, malattia neurodegenerativa causata da una mutazione genetica che gradualmente irrigidisce i muscoli delle gambe, traspare in ogni riga del suo libro autoprodotto e in vendita on line su www.francescamartinengo.com «La disabilità cambia la vita, sovverte le priorità. Si conosce la solitudine – afferma la giornalista – si è selettivi sulle occasioni sociali, Si è invisibili. La mia situazione è mutata ma ho continuato a fare il lavoro che amo ma la fatica, psicofisica è tripla rispetto all’altrui. Quotidianamente cerco di dimostrare che, nonostante le difficoltà, si possono ancora fare tante cose. Confesso che, mantenere una ‘bella presenza’, mi aiuta molto, psicologicamente e socialmente: ecco il motivo per cui credo che l’inclusione passi anche dalla moda. Siamo abituati a vedere disabili con tutoni, outfit basic tristi dai colori spenti come lo spirito ma bisogna colorarli di vitalità e riadattarli. Mi sono trovata a ripensare alcuni pezzi del mio abbigliamento. A me servono le mani libere per impugnare le stampelle: quindi ho optato per borse con tracolla. Come scarpe indosso i classici ankle boots e sneaker stringate. E’ importante avere un make up curato, un abbigliamento smart, elegante e pratico, che abbia il Superpotere di far sentire sempre a tuo agio anche in occasioni speciali. Ho scoperto nelle mie ricerche che la moda adattiva nata in America e da pochi anni in Europa e Italia, è in fase sperimentale, è costosa e difficile da produrre e non gode di sostegni da parte di istituzioni ma è un settore in evoluzione e spesso si intreccia con la moda sostenibile. Il libro è una goccia per sensibilizzare sul fashion di nicchia adaptive che può garantire lavoro e vendere anche ad una grande fetta di mercato». Senza fare spoiler, nel libro argomenti quali: gli obiettivi da raggiungere, i brand interessati, le prospettive con AI e produzioni sostenibili, disability influencer che animano questa moda, medicina naturale per il cuore.
Proviamo a cogliere alcuni spunti
Quando nasce e dove la moda adattiva? “Nel Secondo Dopoguerra l’abbigliamento iniziò ad essere modificato in base ai bisogni delle persone con disabilità, negli Stati Uniti un gruppo di designer iniziò ad interessarsi a questa fascia sociale, come soluzione medica per le sopraggiunte difficoltà dei reduci di guerra. La più nota del gruppo di designer della Functional Fashion Llne fu Helen Cookman, con disabilità uditiva, che disegnò gonne, pantaloni e cappotti con apposite tasche per contenere le batterie per gli apparecchi acustici. Una curiosità; lei creò l’iconico “vestito avvolgente” o wrap – dress quasi 15 anni prima che Diane von Furstenberg ne facesse la sua icona di stile – per ‘accogliere’ coloro con movimenti del braccio e capacità motorie limitati”.
Chi è stato il primo fashion designer a far sfilare una modella disabile? “Alexander McQueen, che nel 1998 volle in passerella l’atleta paralimpica Aimée Mullins. Da lì le case di moda sportive , le federazioni pian piano hanno creato un abbigliamo confortante e utile anche agli atleti che sono diventati dei veri testimonial, vedi Bebe Vio”.
Quanto è stata socialmente utile la moda adaptive per i più piccoli? “Nel 2014, Mindy Scheier lancia Runway of Dreams, un’organizzazione no-profit che promuove il design inclusivo dell’abbigliamento perché suo figlio affetto da distrofia muscolare, esprime il desiderio di indossare un paio di jeans come tutti gli altri suoi compagni a scuola, perché “Indossare pantaloni della tuta ogni giorno mi fa sentire come un disabile”. Così Scheier, che già lavorava nella moda nel team di progettazione della collezione INC e come stilista per Saks Fifth Avenue, dopo aver utilizzato le sue capacità di proget taz ione per adat tar e un paio di jeans che soddisfacessero le esigenze del bambino e aumentassero la sua autostima. Dopo il suo lancio, Runway of Dreams ha collaborato con Tommy Hilfiger per la creazione della prima linea di abbigliamento adattivo per bambini (che poi prende il nome di Tommy Adaptive) che si è evoluta e ha coperto una bella nicchia di mercato”.
Lo shopping ha ancora delle importanti barriere architettoniche che limitano gli ingressi e quindi gli acquisti diretti, per cui quanto è stato fondamentale poter acquistare on line o l’utilizzo dell’AI? “Zalando, con lo Shopping Fashion Adaptive online da compreso che dal punto di vista finanziario ed economico, non dare priorità all’inclusione della disabilità nel marketing e nella pubblicità riduceva quasi automaticamente la quota di mercato del 20%, ovvero la popolazione approssimativa con disabilità. Dovrebbe essere un’altra categoria della moda tradizionale, proprio come quella degli abiti per taglie forti o premaman. Dobbiamo eliminare lo stigma e allontanarlo dal modello medico. L’avvento dell’AI, l’utilizzo ad es dei mirror digitali, schermi dotati di sensori che consentono ai clienti di provare virtualmente il capo, confrontando combinazioni di diverse dimensioni, colori e stili, consentono a persone con disabilità, di modificarlo secondo le proprie necessità (e senza, soprattutto, dover utilizzare il famigerato camerino per cambiarsi)”.
Per il Beauty e Make up c’è stata una vera evoluzione con l’AI? “Si possono provare virtualmente il make up e personalizzarlo. Bellezza Inclusiva/Inclusive Beauty è divenuto quasi un mantra, una formula magica. Un ribaltamento del concetto classico di bellezza – quello escludente qualsiasi ‘variazione’ fisica, che è partito dalla body positivity”.
Quali sono gli strumenti oggi disponibili per agevolare il Make up? “The Vamp Stamp, ad esempio, è il nome di un particolare eye liner sviluppato nel 2017 da Veronica Lorenz che dopo aver perso sensibilità e forza in entrambe le mani a causa di un tumore al midollo spinale progetta un prodotto capace di andare incontro a ogni tipo di abilità e di limitazioni fisiche agli arti superiori, permettendo di creare l’effetto ’cat eye’, grazie ad un tampone, un timbrino a forma triangolare che s’intinge nell’eyeliner liquido o in gel e si applica sulla parte esterna dell’occhio per creare un segno angolato perfetto.
HAPTA di Loreal è un tool intelligente e ultra preciso, personalizzabile in base alle necessità dell’utente, che permette di applicare il rossetto in modo uniforme e autonomo – grazie alla tecnologia di auto-livellamento integrata con sensori. Bisognerebbe però organizzare laboratori gratuiti di bellezza per stimolare le persone con disabilità a prendersi cura della propria persona e creare forte eco attraverso i media e social sull’argomento che purtroppo non è ancora presente nei grandi eventi come la MFW”.
Quando le donne non sono rappresentate e ispirate dai media, questo fattore può farle sentire come se non esistessero più. Ecco che entrano in campo le influencer come Benedetta De Luca?
“Lei è probabilmente la più conosciuta Disability influencer in Italia. Nata con una malformazione congenita rara, la sequenza (o sindrome) da regressione caudale ha saputo costruire il suo personal brand su valori come l’inclusività, la bellezza reale e l’abbattimento delle barriere. Sul suo profilo Instagram, Benedetta condivide video e foto motivazionali, creando attraverso il suo profilo un punto di riferimento per la moda e la bellezza inclusiva in Italia. Infatti da diversi anni Benedetta si occupa di progetti sociali legati al tema disabilità e moda, con l’obiettivo di far capire che si può essere belle e femminili, anche se disabili”.
Quale è Francesca il suo obiettivo da raggiungere con il suo libro? “ Creare informazione e attirare l’attenzione dei media, dei brand , delle istituzioni su questa tematica perché si sviluppi sempre di più questo settore che da dignità anche alle persone con disabilità”.
Non perdetevi tutte le curiosità, notizie e suggerimenti, presenti all’interno del libro “Il mio abito ha i superpoteri”, in vendita on line su www.francescamartinengo.com

Photo credit: Yulia Gorbachenk