Dopo i recenti casi di espulsione dagli asili di Lanzo e Nole di una settimana fa e dopo la grande manifestazione no vax di sabato a Torino per dire «basta alle esclusioni», oggi un altro caso di pertinenza della Asl To4: a Banchette di Ivrea, nell’Eporediese, un bambino è stato “lasciato alla porta”. Immediata la reazione della madre del piccolo che ha spiegato di non essere “no vax” e che il figlio non aveva fatto solo le vaccinazioni delle malattie già fatte, mentre la dirigente scolastica ha invece ribattuto di non aver potuto fare altro che applicare la legge dal momento che l’Asl segnalava il caso come quello di qualsiasi altro scolaro inadempiente. La madre ha riferito che impugnerà il provvedimento e ha denunciato che a settembre il piccolo, senza autocertificazione, era stata chiuso da solo in una stanza per il pericolo di contagio, fatto per cui erano dovuti intervenire i carabinieri.
Dove invece non sono ancora dovuti intervenire i militari è nel nostro territorio, anch’esso sotto la giurisdizione della Asl To4.
Modalità diverse, stesso risultato
Quasi in punta di piedi, sottovoce e senza l’ombra di un carabiniere: si sono svolti così, e per fortuna, i primi allontanamenti di “bimbi no vax” da scuole della nostra zona: merito, in questi casi, del buon senso mostrato dalle parti coinvolte.
Il tutto, naturalmente, in ottemperanza all’arcinoto decreto Lorenzin che, tra una proroga e l’altra e tutta una serie di schermaglie mediatiche tra pro e contro vaccinisti, finora più efficaci più nei processi elettorali che nel dirimere il dibattito, fissava al 10 marzo l’ultima proroga per regolarizzare i bambini che frequentano la scuola dell’infanzia.
Ad oggi, a fronte dei circa 300 bambini non vaccinati segnalati dall’Asl To4 (Ciriè, Chivasso e Ivrea), i casi di allontanamento venuti a galla sono pochi, probabilmente una parte di questi nei mesi trascorsi ha avviato le procedure per mettersi in regola ma di certo i primi provvedimenti, che hanno decorrenza immediata dal 18 marzo, ci sono e si sono già verificati a Nole e a Lanzo.
I dubbi e le perplessità nell’intervista ad una delle mamme colpite dal provvedimento. Un contributo che non vuole essere partigiano ma solo di comprensione rispetto alle motivazioni e alle convinzioni che costringono molti genitori ad affrontare un “calvario”, sconfessando le posizioni mediche e scientifiche consolidate ed accettate dalla maggioranza.
L’intervista alla mamma di Lanzo
«L’unico lato positivo di questa vicenda assurda è stato proprio quello di evitare l’umiliazione e la gogna dei carabinieri – ci confida la mamma del bimbo che a Lanzo, dal 18 marzo, non è più potuto tornare a scuola a giocare con i suoi compagni – e questo grazie all’approccio avuto da tutto il personale scolastico. Le insegnanti ce l’hanno comunicato con un fil di voce, esprimendo solidarietà e comprensione: poi è arrivata a casa la raccomandata».
E ora come affronterà la situazione?
«Il problema non è solo sul piano scolastico: mio figlio non potrà svolgere sport, alla scuola calcio non lo prenderebbero e tenerlo a casa è una problematica per il lavoro. Ciononostante ho pensato spesso in questi mesi in cui ho continuato a studiare, documentarmi e a incrociare i miei dati, quelli delle fonti antagoniste più accreditate con quelli ufficiali delle autorità, di porre fine a tutto questo e alle limitazioni che impongo così ai miei figli, ma non ce l’ho fatta. Non mi hanno convinto e non crederò più a politici che cambiano idea continuamente. Non me la sento di giocare al calcolo delle probabilità sulla pelle di mio figlio».
Non crede che il movimento no vax stia perdendo la sua battaglia?
«Per me non è un movimento ma solo migliaia e migliaia di persone, famiglie, studiosi. Anche di medici che pur di far chiarezza vengono radiati, perché in loro c’è più scienza che conflitto d’interesse. Non abbiamo la verità, ma la capacità critica di vedere che qualcosa non quadra quella sì: perché non si fa chiarezza sui dati e su chi deve davvero produrli? Perché non si incrociano con quelli empirici e certificati a livello giudiziario dei casi di bambini danneggiati e quindi risarciti? Oppure con le evidenze che non ci sono epidemie o che i bimbi non vaccinati si ammalano di meno: chiedere alle maestre in base alla loro esperienza. Che senso ha che il personale scolastico non abbia lo stesso obbligo e che basti pagare una multa perché vada tutto ok? Mi si spezza il cuore per il fatto che da lunedì il mio bimbo sarà a casa, ma non mi pento della scelta».