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Maxi operazione all’alba contro la ‘Ndrangheta in tutta Italia: c’è anche Volpiano
'Ndrangheta, Criminalità Organizzata, Cronaca nera, Mafie, Prima pagina
Redazione
04 Giu 2025
Basso CanaveseCanaveseCintura Nord di TorinoNazionalePiemonteTorineseVolpiano
Interessate dai blitz in corso alcune tra le più importanti cosche del Paese
Maxi operazione all’alba contro la ‘Ndrangheta in tutta Italia: c’è anche Volpiano
Tra le accuse oltre alla gestione del narcotraffico internazionale, estorsion, sequestri di persona e scambio politico elettorale-mafioso

Indagini importanti, articolate e complesse: che riguardano, oltre alla Calabria, traffici criminali e malaffare di ogni genere, mezzo norditalia, nostro territorio compreso. Un’attività, quella della magistratura antimafia, che sta inoltre permettendo agli investigatori di registrare l’operatività dei “locali” di ‘Ndrangheta, tra i quali quelli di Volpiano insieme  a Sinopoli, Platì, Locri, Melicucco e Natile di Careri e Buccinasco, nella provinvia milanese.

Ed è per questo che dalle prime luci dell’alba, a Reggio Calabria, Milano, Monza e Brianza, Pavia, Nuoro, Bologna, Cosenza, Catanzaro, Vibo Valentia, Roma, Rimini, Verona, Agrigento e Torino, i carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, supportati in fase esecutiva dai militari dei Comandi Provinciali competenti per territorio, dal Ros, dallo Squadrone Eliportato Cacciatori Calabria e Sicilia, dal 14° Battaglione “Calabria”, dal Nucleo Cinofili e 8° Nucleo Elicotteri di Vibo Valentia ed inoltre con il supporto dell’Unità ICAN (Interpol Cooperation Against ‘Ndrangheta) dello S.C.I.P. per gli aspetti di cooperazione internazionale di Polizia, stanno eseguendo una vasta operazione coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, diretta dal Dott. Giuseppe Lombardo.

Interessate dall’operazione in corso alcune tra le più importanti cosche di ‘ndrangheta i cui sodali sono accusati, a vario titolo, dei reati di associazione a delinquere di tipo mafioso, concorso esterno all’associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico, anche internazionale, di sostanze stupefacenti, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione, scambio elettorale politico mafioso e detenzione e porto di armi.

I procedimenti penali,  in fase di indagini preliminari e fatte salve quindi le diverse valutazioni nelle fasi successive, hanno previsto: l’esecuzione di tre ordinanze di custodia cautelare emesse dall’ufficio GIP del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della DDA, nei confronti di 97 indagati (di cui 81 in carcere e 16 agli arresti domiciliari); il sequestro preventivo di due società – attive nella ristorazione e nell’edilizia – ritenute riconducibili agli indagati e utilizzate per favorire le attività illecite dell’associazione.

Provvedimenti che  costituiscono l’epilogo di una vasta attività d’indagine svolte dai Nuclei Investigativi del Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria e del Gruppo di Locri, nonché dalla Sezione Operativa della Compagnia Carabinieri di Locri, sotto il coordinamento della Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, sin dal 2018, e raggruppano cinque procedimenti penali che riguardano le maggiori consorterie di ndrangheta operanti nei tre mandamenti della provincia reggina

La provincia e i “locali”

«Le investigazioni hanno permesso di appurare la permanente caratteristica di unitarietà della ‘ndrangheta, di cui l’odierno provvedimento cautelare ridisegna e riaggiorna la struttura e i vertici – spiegano gli inquirenti in un ampio report -oltre a confermare l’attualità dell’esistenza della struttura di ndrangheta denominata “provincia”, ovvero un organo collegiale che svolge una funzione di raccordo tra i “locali” reggini e quelle dislocate in altre regioni d’Italia e all’estero e che regola ogni nuova costituzione di strutture di ‘ndrangheta, ingerendosi anche nelle assegnazioni delle nuove cariche, garantendo il rispetto delle regole dell’associazione e dirimendo controversie tra gli associati».

Gestione del traffico di stupefacenti come ramo d’azienda dell’organizzazione mafiosa

L’assoluta novità investigativa  nell’ambito del traffico di stupefacenti, la cui gestione è affidata dalle cosche, in regime di monopolio, ad una struttura stabile ed organizzata frutto di un’alleanza (“un unico corpo”) tra i locali dei tre “mandamenti” della provincia, sovraordinata alle singole articolazioni e a queste complementare. Questa struttura si occupa, tra l’altro, di importare dall’estero (specialmente Colombia, Brasile e Panama) ingenti quantitativi di cocaina occultata in container imbarcati su navi, e alla successiva esfiltrazione attraverso il porto di Gioia Tauro, sfruttando la compiacenza di squadre di operatori portuali per poi distribuirla in tutto il territorio nazionale, attraverso una ben rodata struttura organizzata e diretta dalle cosche. In questo ambito l’attività in passato aveva già condotto al sequestro di ingenti quantità di sostanza stupefacente.

Le cosche e l’attività estorsiva

Ancora le indagini hanno confermato il dinamismo della cosca “Alvaro”, dotatasi di una cassa comune attraverso la quale far fronte alle spese legali degli associati e al sostentamento delle famiglie dei detenuti e della cosca “Barbaro Castani”, di cui è stato ricostruito l’intero organigramma, la quale è attiva nella zona di Platì, Ardore e territori limitrofi, nonché nei “locali” di Volpiano e Buccinasco. Il vertice della cosca “Barbaro Castani”, scrupoloso garante delle “regole”, dei “patti” e delle “prescrizioni” sancite in occasioni di importanti summit, rappresenta una figura centrale della ‘ndrangheta unitaria oltreché del “locale” di Platì. Riscontrate le attività estorsive delle cosche nei confronti di commercianti e imprenditori. In particolare la cosca “Alvaro” imponeva la cosiddetta “messa a posto” nei confronti delle ditte aggiudicatarie di lavori pubblici e a commercianti intenzionati ad aprire punti vendita nel territorio del “locale” di Sinopoli, invece la cosca “Barbaro Castani” imponeva pressanti richieste estorsive in danno di tutti gli imprenditori locali che operavano nel territorio sottoposto a controllo della cosca poiché erano costretti a corrispondere l’importo del 3% del valore dell’appalto.

Le cosche avevano capacità di infiltrazione nelle amministrazioni pubbliche, così da ottenere informazioni propedeutiche allo svolgimento delle attività criminali, come quelle sulle procedure degli appalti sulle ditte aggiudicatrici e sullo stato dei pagamenti utili per infiltrarsi, grazie anche alla compiacenza di imprenditori collusi, in attività economiche collegate, quali, la vendita di mascherine e guanti all’A.S.P. della Provincia di Reggio Calabria;

Lo scambio elettorale politico mafioso

È stata inoltre accertata l’esistenza di un’associazione a delinquere (i cui appartenenti sono stati raggiunti da ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari) promossa da uno degli arrestati e finalizzata a favorire l’associazione mafiosa attraverso pratiche illegali di procacciamento di voti in diverse consultazioni elettorali e in particolare per una candidata (poi non eletta) alle elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale della Calabria.

Particolari vicende investigate

Le indagini poi hanno portato anche ad accertare: momenti conflittualità tra cosche in diverse fasi delle indagini. Come quella culminata con un sequestro di persona, organizzato dai vertici del locale di Platì, ai danni di un appartenente alla cosca Alvaro, a causa di un debito di 45.000 euro per un carico di sostanza stupefacente. L’uomo veniva rilasciato solo dopo il pagamento di una prima tranche.  un particolare episodio estorsivo, messo in atto da uno degli arrestati, ai danni di un altro uomo, anch’egli arrestato, al fine di rientrare in possesso di 125.000 euro consegnatigli, anni addietro, affinché questi potesse corrompere un magistrato non meglio identificato, attraverso i contatti che l’uomo vantava presso la Corte di Cassazione, per favorire l’esito del processo in cui era coinvolto il fratello arrestato nell’operazione “Il Crimine”. Intento che non andò a buon fine e l’uomo fu condannato alla pena di 8 anni; ulteriori dettagli sul ruolo avuto da un indagato nel sequestro di persona di PASSATIORE Mariangela, avvenuto a Brancaleone (RC) il 27 agosto 1977. La vittima veniva assassinata poche ore dopo il rapimento e i resti non furono mai ritrovati.

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'Ndrangheta Criminalità organizzata
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