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Il “dilemma nucleare” nel docufilm di Gaglianone  in programma venerdì 12 a Ciriè
Appuntamenti
08 Giu 2015
Ciriè
Il “dilemma nucleare” nel docufilm di Gaglianone in programma venerdì 12 a Ciriè

“A me pare che diffondere una paura irragionevole sia altrettanto pericoloso che coltivare una facile incoscienza. Entrambe le strade perpetuano l’ignoranza mentre l’obiettivo dovrebbe essere quello di rendere accessibili a tutti, in termini semplici e chiari, gli elementi fondamentali del problema per poterlo valutare, prendere posizione, partecipare alle scelte.
Carlo Rubbia, “Il dilemma nucleare”, 1987”

Venerdì 12 giugno alle ore 21 a Ciriè (TO) presso la Sala Conferenze in c.so Nazioni Unite 3, il Movimento 5 Stelle sezione Ciriè/Valli di Lanzo organizza la proiezione del dpocufilm “LÀ SUTA LA NOSTRA EREDITÀ NUCLEARE IN UN TRIANGOLO D’ACQUA” di Daniele Gaglianone, Cristina Monti, Paolo Rapalino (Italia 2014, HD 68′). La stessa pellicola sarò presentata domenica 14 giugno alle ore 21,15 al Circolo Culturale Il Molo di Lilith in via Cigliano 7 a Torino, al SISAK ECO FILM FESTIVAL Croatia, dal 16 al 25 giugno e all’ URANIUM FILM FESTIVAL a Berlino in programma dal 24 al 30 settembre 2015.
Prodotto da: Associazione Almaterra
Con il sostegno di: Film Commission Torino Piemonte, Fondazione CRT,
CGIL Vercelli-Valsesia
Con il patrocinio di: Regione Piemonte
Con la collaborazione di: Baby Doc Film, Zenit Arti Audiovisive
Archivi storici: Archivio Nazionale Cinema d’Impresa – CsC, Ivrea
www.lasuta.it

Soggetto: Cristina Monti
Regia: Daniele Gaglianone, Cristina Monti, Paolo Rapalino
Musica: Fabio Viana
Con: Gian Piero Godio, Rossana Vallino, Umberto Lorini, Giovanni Vallino, Enrico Adduci

IL FILM

Due referendum hanno fermato in Italia la produzione di energia nucleare.
A Saluggia, piccolo comune agricolo a 40 Km da Torino, sono conservate la maggior parte delle scorie prodotte dalla stagione nucleare italiana. In un’area a ridosso del fiume Dora Baltea, tra i principali affluenti del Po, delimitata da canali irrigui che portano l’acqua alle risaie del Vercellese e attraversata dalla falda acquifera che alimenta l’acquedotto del Monferrato. In questo triangolo d’acqua, a partire dalla fine degli anni ’50, sono sorti un centro di ricerca nucleare, un reattore sperimentale ed un impianto di riprocessamento in cui si sono sviluppate – in ambito civile e militare – tecniche per recuperare uranio e plutonio dagli elementi di combustibile irraggiati. Sono così arrivate a Saluggia barre esaurite dalle centrali nucleari italiane e da reattori di altre nazioni per essere sciolte e riprocessate all’interno del centro Eurex. Ancora oggi lì si trovano i residui liquidi radioattivi del trattamento, le più pericolose tra le scorie.
Nel 2000 un’alluvione di portata estrema causò l’esondazione della Dora Baltea e la rottura degli argini del canale Farini, arrivando ad allagare i siti nucleari. In quell’occasione il premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia, allora presidente dell’ENEA – che aveva in gestione gli impianti di Saluggia – parlò di “catastrofe planetaria” sfiorata. Se alcuni fusti contenenti scorie liquide ad alta radioattività fossero stati trascinati dalla Dora in piena al Po, gli effetti sarebbero stati devastanti per l’intera Pianura Padana.
Mentre si continua a differire la realizzazione di un Deposito Nazionale unico in cui conservare in maniera sicura e definitiva i rifiuti radioattivi italiani, a Saluggia, nella stessa area alluvionabile, è in costruzione un nuovo deposito temporaneo di scorie, il D2.

NOTE DI REGIA

Cristina Monti
Sono nata a pochi chilometri da Saluggia questi territori rappresentano per me l’età dell’infanzia. I primi ricordi di camminate nei boschi con mio padre, di pomeriggi trascorsi accanto allo scorrere dell’acqua. Ho seguito per anni le vicende legate alle scorie radioattive in quest’area. Nulla sembra mutare, regna l’immobilismo delle istituzioni e dell’informazione. Oggi, che sono madre, voglio raccontare la storia di un territorio che ospita da troppi anni una pericolosa eredità per le future generazioni.

Daniele Gaglianone
Negli ultimi 60, 70 anni l’umanità ha alterato il ciclo della vita del pianeta con delle attività di cui non ha la capacità di prevedere le ripercussioni e gli sviluppi. Così come nessuno sa realmente che cosa diverrà la plastica fra 100, 200, 1000 anni (per fare un esempio “innocuo”), nessuno sa come si potranno gestire le scorie radioattive derivate dalla produzione di energia nucleare, nemmeno i più accaniti sostenitori del suo sfruttamento. Questi discorsi che potrebbero sembrare così vaghi trovano una drammatica concretizzazione nei serbatoi di scorie radioattive liquide conservate a Saluggia in Piemonte, in una delle zone più soggette ad inondazioni di tutta la penisola.
Paolo Rapalino
“Là suta” è stato realizzato con l’obiettivo di accendere i riflettori su un problema spesso dimenticato dai media e dall’opinione pubblica. Il 4 giugno 2014, per una coincidenza significativa giorno dell’anteprima del film a Cinemambiente, sono stati pubblicati da ISPRA i criteri per localizzare il sito in cui andrà costruito il Deposito Nazionale di scorie nucleari, unica soluzione che possa garantire una gestione sicura e controllata delle scorie italiane, oggi concentrate per il 96% nei depositi temporanei di Saluggia e in altri siti inidonei sparsi sul territorio nazionale. Nell’ottobre scorso la Regione ha approvato una mozione che impegna la giunta a vigilare sulla denuclearizzazione del Piemonte. Il documentario ha fornito spunti alla discussione in Consiglio Regionale. Nei primi giorni del 2015 SOGIN ha consegnato a ISPRA una lista di Regioni e di siti potenziali ad ospitare il Deposito Nazionale, per ora è top secret, verrà resa pubblica entro due mesi. Intanto iniziano a trapelare indiscrezioni e nelle Regioni interessate il dibattito si sta accendendo.

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